Ci sono anch’io ed e’ questo il tempo e il luogo che mi e’ dato di vivere – I am there too, and this is the time and place that i can live – Sergio Bortotto
Si tratta di un video avvincente e coinvolgente , assolutamente da vedere, per le situazioni inaspettate che presenta e per i concetti morali che se ne traggono.
Narra la vicenda tragica di un bravo ragazzo , Brinz, barbaramente ucciso per aver assistito ad un delitto, perpetrato proprio da persone da lui conosciute e che stimava.
Si trovava in casa da solo quando avvenne l’ingannevole visita dei suoi assassini , che lo colpirono alle spalle, lasciandolo steso in un lago di sangue. La sua morte fu così improvvisa che se ne rese conto solo quando il suo corpo astrale si libro’ nell’aria .
Non rivide la sua compagna per darle l’ultimo saluto e la casa fu da lei, ovviamente, lasciata .
Dopo piu’ di 20 anni la compagna lo ha ricercato tramite la metafonia ma , inaspettatamente ,
Brinz non era salito in Paradiso, come aveva diritto, essendo una vittima della violenza altrui, ma si trovava ancora con lo spirito, nella stessa casa, accecato dal desiderio di vendetta che, fomentato dai demoni, era divenuto ossessivo e spasmodico, incentivato dall’idea di farsi giustizia da solo.
Sant’Erasmo lo ha liberato e portato con sè in Paradiso.
Fonti degne di fede attestano l'esistenza di un s. Erasmo, martire, vescovo di Formia, il cui culto era molto diffuso nella Campania e nel Lazio.
La più antica è il Martirologio Geronimiano in cui Erasmo è ricordato il 2 giugno S. Gregorio Magno alla fine del sec. VI, scrivendo al vescovo Bacauda di Formia, attesta che il corpo del santo era conservato in quella chiesa: "Formianae ecclesiae in qua corpus beati Herasmi martyris requiescit".
Lo stesso pontefice ricorda due monasteri dedicati ad Erasmo: uno a Napoli e l'altro posto "in latere montis Pepperi" presso Cuma.
Anche Roma aveva un monastero dedicato al santo sul Celio, nel quale fu educato da giovane il papa Adeodato I (m. 619) che poi, da pontefice, lo ampliò e lo arricchì di beni e privilegi.
Altri monasteri intitolati ad Erasmo erano presso Formia (detto anche di Castellone) e presso Itri "in valle Itriana".
Il nome di Erasmo, oltre che nei martirologi storici, donde è passato nel Romano, era inserito nel Calendario marmoreo di Napoli.
Nell'842, dopo che Formia era stata distrutta dai Saraceni, le sue reliquie vennero trasferite a Gaeta e nascoste in un pilastro della chiesa di S. Maria, dove furono rinvenute nel 917 dal vescovo Bono.
Da quel tempo Erasmo fu proclamato patrono di Gaeta e furono anche coniate monete con la sua effigie. Il 3 febbraio 1106 Pasquale II consacrò la cattedrale di Gaeta in onore della Vergine e di Erasmo.
Nel Medio Evo il santo fu annoverato tra i cosidetti santi Ausiliatori e invocato specialmente contro le epidemie, mentre i marinai lo venerano come patrono col nome di S. Elmo.
Sulla personalità di Erasmo purtroppo siamo male informati poiché la passio, compilata con molta probabilità verso il sec. VI, è favolosa e leggendaria, né può aver maggior valore una biografia attribuita, senza solido fondamento, a Gelasio II (1118-19).
Da questi scritti appare evidente come gli autori niente sapessero di sicuro intorno ad Erasmo se non ch'era stato vescovo di Formia ed era morto martire al tempo forse di Diocleziano.
Secondo la passio, dunque, Erasmo era oriundo di Antiochia.
Quando scoppiò la persecuzione era già vescovo e si nascose per sette anni in una caverna del monte Libano.
Ritornato in città fu arrestato e condotto al tribunale dell'imperatore che con lusinghe e tormenti cercò di persuaderlo a sacrificare agli dei; ma Erasmo rimase saldo nella fede e fu rinchiuso in carcere.
Liberato miracolosamente, si recò nell'Illirico dove in sette anni convertì quattrocentomila persone.
Arrestato ancora una volta per ordine di Massimiano, fu condotto a Sirmio dove abbatté un simulacro e convertì altre quattrocentomila persone, molte delle quali furono immediatamente uccise, mentre Erasmo, dopo essere stato ancora tormentato orribilmente, era rinchiuso in carcere. Fu liberato allora dall'arcangelo Michele che lo condusse a Formia, ed ivi sette giorni dopo placidamente morì.
Fra' Claudio Granzotto nasce il 23 agosto 1900 a Santa Lucia di Piave, al quartiere la Granza, da Antonio Granzotto e Giovanna Scottò.
Ultimo di sette fratelli, viene battezzato il 2 settembre con il nome Riccardo Vittorio.
Fin da bambino dimostra innate abilità artistiche, sia nel disegno che nel modellare la creta. In seguito alla morte del padre, all'età di nove anni deve lasciare la scuola per occuparsi, assieme ai suoi fratelli, della famiglia.
Tenta, con scarso profitto, la professione di calzolaio e poi manovale; ma la sua passione rimane il disegno.
Durante la prima guerra mondiale, appena quindicenne, è chiamato a svolgere importanti lavori logistici a sostegno delle truppe; mentre all'età di diciotto anni viene arruolato nell'esercito e presta servizio in Italia e, infine, in Albania.
Nel 1921 ritorna nella sua casa di Santa Lucia di Piave e inizia a lavorare nell'impresa edile del fratello maggiore Giovanni che, dopo molte sollecitazioni, gli permette di frequentare la scuola d'arte serale a Conegliano
Accademia delle Belle Arti (1921-1928)
Incoraggiato dal parroco mons. Vittorio Morando e grazie all'aiuto del fratello Giovanni, entra con successo all'Accademia delle Belle Arti di Venezia conseguendo, nel 1929, il diploma di scultore con il massimo punteggio.
È il giusto riconoscimento per il sacrificio di anni dedicati allo studio, senza distrazioni, lavorando nelle ore libere presso lo studio del prof. Domenico Rupolo, sovrintendente alle opere d'arte di Palazzo Ducale, che gli commissionerà varie sculture.
Ancora studente realizza Lidia, ora nota come L'anima e la sua veste, la sua prima scultura in marmo conservata presso la Gipsoteca di S. Lucia.
La mirabile testina di giovinetta meritò gli elogi dello scultore Adolfo Wildt, accademico d'Italia in visita all'Ateneo di Venezia nel 1927.
L'anno successivo scolpisce in marmo bianco di Carrara L'Acquasantiera per la chiesa di S. Lucia.
L'opera monumentale, ampiamente lodata dalla critica e considerata degna dei grandi maestri della Rinascenza, raffigura la Vergine posta su una conchiglia, che schiaccia il capo a Satana inginocchiato, curvo e sofferente.
Conversione
Nel 1929 è indetto un concorso per la costruzione a Roma del "Foro Mussolini", ora "Foro Italico".
Il progetto prevede uno schieramento di statue di atleti richieste ad ogni provincia italiana.
Il professor Granzotto decide di prendervi parte e realizza il Giocatore di pallone, un colossale atleta che sta per lanciare una palla.
La statua vince il concorso, con premio di L. 10.000, per rappresentare la provincia di Treviso al Foro Mussolini.
Tuttavia, Riccardo viene estromesso dalla gara ormai vinta, probabilmente perché non iscritto al Partito nazionale fascista.
Si apre, così, un periodo di profonda crisi esistenziale e religiosa per il professor Granzotto che riesce a superare grazie al supporto dell'architetto Rupolo e di mons. Morando, che gli procurano diverse commissioni nell'ambito dell'arte sacra.
È di questo periodo il protiro della chiesa di Santa Lucia di Piave, le colonne, i capitelli, la statua del Sacro Cuore e i due leoni che sorreggono il complesso.
I soggetti sacri che scolpisce iniziano a forgiarlo nell'anima.
L'arte rappresenta per lui un mezzo per avvicinarsi a Dio, da un punto di vista sempre più votato all'ascetismo.
La scultura di Santa Lucia (1933), da lui realizzata per la chiesa di S. Lucia, è l'emblema della sua conversione verso una condotta protesa a un continuo legame con il mondo del sacro, riducendo progressivamente lo spazio di vita profano.
Nel 1932 è stato provvidenziale l'incontro con p. Amadio Oliviero, francescano, che predicava nella parrocchia.
L'amicizia con p. Oliviero è stata fondamentale per Granzotto che decide di seguire le orme di San Francesco, nonostante l'opposizione della famiglia e degli amici.
Il 7 dicembre 1933 entra nell'Ordine dei Frati Minori, a S. Francesco del Deserto, nella laguna veneta.
A partire dall'ingresso in convento, gli viene subito commissionata la realizzazione di una grotta di Lourdes a Chiampo, terminata nel 1935 e considerata come un'oasi di spiritualità mariana.
Noviziato
Nel dicembre del 1935 è ammesso al noviziato come fratello laico e gli viene imposto il nome fra' Claudio.
Nel 1936 emette i voti religiosi e viene mandato al convento di S. Francesco di Vittorio Veneto dove si dedica alla realizzazione di altre sculture, all'assistenza dei sacerdoti celebranti, alla cura dei malati.
Conduce una vita umile e penitenziale dedicandosi anche alla questua, che pratica perfino per le strade di S. Lucia dov'è conosciuto come affermato e stimato professore.
Negli anni della seconda guerra mondiale, fra' Claudio intensifica la sua dedizione verso i più bisognosi.
Rinunciava ai pasti per offrire il suo pranzo ai poveri, a loro donava la legna destinata a riscaldare il suo laboratorio e, per ottenere un po' di calore, bruciava carta umida che produceva solo fumo.
Morte
Esempio di carità cristiana, di umiltà e di generosità, fra' Claudio muore, come da lui predetto (Per l'Assunta me ne vado), il 15 agosto del 1947 consumato da un devastante tumore al cervello.
Le sue spoglie riposano ai piedi della grotta di Lourdes a Chiampo da lui realizzata, diventata meta di molti pellegrinaggi.
In seguito alla sua morte, giungono numerose testimonianze documentate e verificate, di grazie ricevute dal frate scultore.
I frati francescani della Pieve già dal 1931 avevano in cuore il progetto di realizzare una Grotta di Lourdes nei pressi del seminario. Volevano creare uno spazio speciale di preghiera e devozione dedicato a Maria.
L’idea di riprodurre il paesaggio di Lourdes fu promossa dall’ing. Ottavio Vignati, ma l’anima del progetto fu fra Claudio Granzotto, che dedicò tutta la propria passione e abilità alla realizzazione dell’opera.
L’opera – inaugurata nel 1935 – rispecchia fedelmente la Grotta francese dove nel 1858 apparve la Madonna.
L’Immacolata è una figura luminosa, che si stacca dalla roccia dove poggia leggermente i piedi, tutta tesa verso il cielo, capolavoro di semplicità e di bellezza.
La Madonna di Fra Claudio incanta tutti.
“qui verrà tanta gente…”
la Grotta di Lourdes è il fulcro di tutto il grande movimento religioso-mariano, nato dalla volontà dei Frati Minori di ripresentare qui a Chiampo l’ambiente e il messaggio di Lourdes. Edificata in cemento e ferro nel 1935 dal Beato Claudio Granzotto, è copia fedele di quella dei Pirenei in Francia. Anche la statua dell’Immacolata fu scolpita dal Beato, che infuse nel marmo la sua profonda venerazione alla Vergine. Durante la costruzione della Grotta, di fronte a difficoltà insormontabili, Fra Claudio profetizzò: “Questa grotta diventerà un luogo di preghiera e qui verrà tanta gente…”
Ai piedi della Grotta si trova la sua tomba. Luogo di grandissima devozione dove ci si ferma a parlare con il beato per sperimentare la sua promessa: “Dal cielo aiuterò e consolerò tutti“.
Sulla destra del viale di cipressi che porta alla Grotta, è stata realizzata una monumentale Via Crucis, inserita in un incantevole parco botanico.
Nel giorno della solennità dell'Assunzione della Beata Vergine Maria, la Chiesa ricorda il Beato Claudio.
Nasce a Santa Lucia di Piave (Treviso) il 23 agosto 1900, da umile famiglia.
Studia all'Accademia di Venezia, dedicandosi alla scultura.
Nel 1930 vince il concorso per la statua del Giocatore di palla da collocare nel Foro Mussolini di Roma, opera però mai realizzata perché il Granzotto rifiuta di iscriversi al partito fascista.
Alcuni suoi lavori si trovano nel paese natale, in particolare nella chiesa parrocchiale di S. Lucia e nella gipsoteca a lui dedicata, ma anche a Vittorio Veneto, a Cavalier in provincia di Treviso e a Chiampo (VI), nel cui museo sono conservati gessi originali e oggetti appartenuti al beato.
Nel 1935 entra nell'ordine dei Frati Minori.
La Congregazione per le Cause dei Santi nel 1993 riconosce l'autenticità del primo miracolo fatto da fra' Claudio ad un bambino di Verona affetto da peridacriocistite, guarito improvvisamente e senza postumi.
È beatificato da Giovanni Paolo II nel 1994. (Avvenire)
Martirologio Romano: A Padova, beato Claudio (Riccardo) Granzotto, religioso dell’Ordine dei Frati Minori, che unì l’esercizio della professione religiosa al suo mestiere di scultore e raggiunse in pochi anni la perfezione nell’imitazione di Cristo.
“Ho visto Gesù”
Occorre un libro intero per illustrare questa passione eucaristica, ma dobbiamo limitarci a pochi frammenti che cogliamo tali quali dalla sua biografia.
Tutti sanno, nei conventi dove è passato, da Vittorio Veneto a Barbana, a Chiampo, che fra Claudio ha un rapporto straordinario con il Signore, che passa le notti in preghiera ed è rapito dall’estasi per Lui.
Un giorno, fra Epifanio Urbani gli domanda: “Hai mai visto il Signore?”.
Fra Claudio, candidamente, gli risponde: “Sì, una volta, ho visto Gesù.
Era maestoso.
Una lunga veste bianca gli cadeva fino ai piedi.
Gli occhi… oh, gli occhi non li so descrivere.
Com’era bello!
Lo guardavo e Egli pure mi guardava.
Mi invitò a seguirlo… Io sono andato con Lui”.
Il medesimo fra Epifanio gli domanda ancora: “Quanti libri bisogna leggere per scoprire il segreto della preghiera?”.
Fra Claudio risponde: “Un libro solo: il Crocifisso”.
Poi, indicando il Tabernacolo, continua: “Nell’Eucaristia c’è la sorgente della vera pace.
Quanta gioia darebbero a Gesù i sacerdoti, i religiosi, i fedeli, se fossero spesso in adorazione davanti al Tabernacolo!
Quale felicità ne avrebbero!
Quale divino potere hanno gli uomini: amare Dio!”.
Man mano che l’ascesa spirituale avvicina fra Claudio a Gesù, il colloquio con Lui si fa più intimo.
Nulla gli è più gioioso che stare davanti a Lui, nel Tabernacolo, meglio ancora quando è esposto solennemente sull’altare.
L’adorazione eucaristica è la sua vera ricchezza e modella la sua fisionomia a immagine di Gesù.
Tutti notano che lo fa alla maniera dei santi.
Tutti vedono il suo volto che si illumina, quando adora.
Chi lo guarda, anche solo una volta, deve cambiare vita e dare la vita a Dio, totalmente.
Un esperto maestro di spirito, il P. Fuin, nota dapprima nei suoi lineamenti la tensione di chi si concentra, cui segue l’abbandono in una pace che è vera beatitudine.
Allora nessuno e niente lo distrae: “c’è Gesù e Lui basta, perché Lui è tutto”.
Neppure le inclemenze del tempo lo ostacolano.
Il freddo intenso dell’inverno, in chiese gelide, non lo distoglie un minuto dalla sua preghiera, neppure dall’adorazione notturna.
Chi lo vede immobile davanti all’altare nella morsa del gelo, sente un brivido in tutte le membra.
Per fra Claudio però il gelo non esiste: c’è solo il fuoco dell’amore che lo inchioda a Gesù Eucaristico.
Nell’ultima malattia, il tumore gli tortura il cervello.
Incapace di fissare il Tabernacolo, prega con gli occhi chiusi.
Il dolore non gli spegne la pietà dell’anima ormai prossima all’incontro con Lui.
“Dalla Messa, la salvezza del mondo”
Davanti al Tabernacolo, un giorno pensa che pur non avendo studiato teologia, tuttavia nulla gli impedisce di spiccare il volto verso il suo Dio.
Quando sarò preparato – ha scritto già quando era novizio – chiederò a Dio di essere crocifisso nel corpo e nell’anima in un supremo martirio di amore”.
Così, quando Gesù lo ispira, offre la sua vita a Dio per espiare i peccati del mondo e per la salvezza delle anime.
Salirà l’altare non come sacerdote, ma come vittima.
Dopo una lunga preparazione spirituale, con il consenso del confessore, nel modo di un sacro rito, fra Claudio chiede a Dio di soffrire e di morire in totale abbandono alla divina volontà come Gesù sulla croce.
In breve, ha i segni che Dio ha accettato la sua offerta.
Il Sacrifico di Gesù, consumato sul Calvario, si perpetua nella Santa Messa.
Fra Claudio penetra il mistero della Messa e desidera essere coinvolto nel dramma della Passione salvifica del Cristo.
Con questo segreto nel cuore, partecipa a tutte le Messe possibili, servendo all’altare e rinnovando la sua offerta vittimale – infine il suo olocausto – al Signore.
I confratelli sacerdoti lo ammirano e lo invidiano santamente.
I fedeli guardano a lui come a modello per crescere nella fede.
Ora che sta per dare tutto, fra Claudio ha acquistato un aspetto jeratico come un antico sacerdote, e mansueto come una vittima che attende l’ora del sacrificio supremo di adorazione e di amore.
Tutto si compie in quei giorni di agosto 1947, nella novena dell’Assunta, quando Maria SS.ma, la Madre Corredentrice, lo configura totalmente al suo Figlio Gesù, per chiamarlo a Sé, proprio il giorno della sua gloria.
La morte, quasi come un’assunzione.
Tra le sue note d’anima, allora si ritrova anche un foglietto dimenticato su cui fra Claudio ha scritto: “Sacerdote, quanto è grande la tua dignità. Celebra devotamente la Messa.
Dalla Messa, dipende la salvezza del mondo”.
L’olocausto, come desiderava, è accolto: “Tutto è compiuto”.
La data di culto è stata fissata nel Martyrologium Romanum al 15 agosto, mentre l'Ordine dei Frati Minori e la diocesi di Vicenza lo ricordano il 2 settembre.
Oggi 30 giugno 2017 alle ore 20.31 sei venuto a consolarmi rassicurandomi sulla continuità della tua esistenza.
Sei stato accompagnato a questo incontro e sono grato per questo.
Ora mi rendo conto che l'impossibile … è possibile.
Il mio Rufus è vivo e c'è chi ha voluto che me ne rendessi conto.
Oggi 27 giugno 2017 sono cinque anni che anche tu Furia hai varcato la soglia.
Cinque anni passati velocemente e che mi hanno fatto comprendere quanto sia impossibile dimenticarti.
Ti raccomando Rufus, che da pochi mesi ti ha raggiunto, stalle vicino come lo stavate qui quando eravamo ancora tutti insieme.
Ora che anche per te la vita oltre la vita non è più un mistero, ti prego di aspettarmi per poter godere insieme e per sempre il nostro destino.
So che per molti "umani" può sembrare assurdo sentirsi così vicini anche al proprio gatto, ma non è un problema, io sono fortunato ad aver condiviso con te la mia esistenza e questo mi basta.
Ed ecco Argo, che Rufus ha raggiunto in paradiso.
Il loro comune destino è quello ora di attendere il nostro arrivo e da quel giorno vivere insieme per sempre.
A presto Argo
nato il 3 marzo 2007 – rinato il 5 luglio 2016
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Il nome ARGO deriva dal greco antico άργος (argos), che significa sia "splendente", "luccicante"che "veloce"; l'uso dello stesso termine per entrambi i significati è dovuto al fatto che "tutto ciò che si muove velocemente causa una specie di luce fugace o sfarfallante".
È un nome di tradizione classica, frequente nella mitologia greca.
Tra i personaggi che lo hanno portato si ricordano Argo, il cane di Odisseo, il gigante dai cento occhi Argo Panoptes e Argo di Tespi, costruttore della nave Argo da cui presero il nome gli argonauti.
Guardate gli occhi di un cane che dorme e vergognatevi della vostra profonda filosofia.
(Elias Canetti)
In Paradiso si entra per favoritismo.
Se si entrasse per merito, tu resteresti fuori ed il tuo cane entrerebbe al posto tuo.
(Mark Twain)
“Il cane è un gentiluomo”, scrive Mark Twain.
“È sincero, non mente, non inganna, non tradisce, è generoso, è altruista, ha fiducia”.
Ma c’è di più.
Il grande scrittore Victor Hugo – come tutti coloro che hanno un cane – si chiede: “Se guardi negli occhi il tuo cane, come puoi ancora dubitare che non abbia un’anima?”.
Chi non ha avuto un cane non sa cosa significhi essere amato.
(Arthur Schopenhauer)
La scelta del padrone da parte di un buon cane è un fenomeno magnifico e misterioso.
Con rapidità sorprendente, spesso in pochissimi giorni, si stabilisce un legame che è di gran lunga più saldo di tutti…
(Konrad Lorenz)
Se non ci sono cani in paradiso, allora quando muoio voglio andare dove sono loro.
(Will Rogers)
Il solo posto al mondo
in cui si può incontrare un uomo degno di questo nome
è lo sguardo di un cane.
(Romain Gary)
La riconoscenza è una malattia del cane non trasmissibile all’uomo.
(Antoine Bernheim)
“Ma che bel cane, di che razza è?”
“Amore puro”.
(Anonimo)
La vita dei cani è troppo breve.
Questa è la loro unica, vera colpa.
(Agnes Sligh Turnbull)
Ed Argo, il fido can, poscia che visto ebbe, dopo dieci anni e dieci, Ulisse, gli occhi nel sonno della morte chiuse.
(Omero)
Oggi 1 giugno 2017 avresti compiuto tredici anni.
Un tempo significativo che abbiamo vissuto insieme e che ti hanno visto crescere forte ma anche bene, proprio un buon cane.
Sono fiero di te Rufus, cagnone mio.
Adesso che sei libero dai vincoli terreni proteggimi come hai sempre fatto e la tua vicinanza mi sia di conforto e di sostegno affinchè possa meritarmi anch'io il paradiso così da poterti rincontrare e vivere insieme per sempre.
Ciao cagnone mio, il tuo compagno di vita, Sergio.
In risposta alle domande di alcuni se sia lecito il CONTATTO METAFONICO con l'ALDILA', presentiamo una breve relazione sull' argomento, seguita, poi, dai pareri di illustri teologi, nonchè di due papi, contenuti nel video (Preti e Pontefici che hanno sperimentato e / o sostenuto la Metafonia) di cui riportiamo, qui di seguito, il link https://www.youtube.com/watch?v=O61nW…