Oggi, sono ancora qui.
E, nonostante tutto, sento un incoraggiamento profondo a proseguire su questo cammino di liberazione.
Sto seguendo il suggerimento di un caro e amato Amico.
Lascerò a ciascuno il compito di trarre i propri insegnamenti, ma sento il bisogno di raccontare.—
Da mesi, un malessere sconosciuto mi accompagna.
Una tosse incessante e una stanchezza devastante mi hanno privato della forza.
Talvolta inciampo, perdo l’equilibrio, devo sdraiarmi. Stare in piedi è uno sforzo immenso.
Ho perso oltre 25 chili in un paio di mesi. Non ho fame, non ho energia, ma dentro di me si agita qualcosa di inafferrabile.
Dopo una breve degenza in una clinica in Trentino, chiedo a un’amica di venirmi a prendere per tornare a casa.
Sono troppo stanco.
Camminare è una fatica, respirare una lotta.
Anticipo il mio rientro con gratitudine per quel luogo che mi ha dato qualche giorno di tregua.
Ma qualcosa mi chiama verso casa: i miei ricordi, i vicini premurosi, e quel senso di appartenenza che mi manca.
Il viaggio è lungo, e la stanchezza mi vince.
Fatico a coordinare i pensieri, le parole.
Lentamente, la realtà comincia a sfumare.
Le voci si allontanano.
I rumori si attenuano.
E poi, tutto si ferma.
Chiudo gli occhi e mi trovo altrove.
Non c’è angoscia, né dolore.
Solo stupore.
Sono presente, sono io.
Ma dove?
Tutto intorno a me è vivo.
Una prateria verde, rigogliosa, mi accoglie.
Il terreno sotto i miei piedi è solido, concreto.
Il cielo sereno mi sovrasta, e non so se sia l’alba o il tramonto di una giornata che lì non è iniziata.
Abbasso lo sguardo e vedo il mio corpo.
Sono in piedi.
Mi tocco le gambe con le mani.
Sono reale, ma senza abiti, senza nudità.
Qui, ciò che sono si manifesta nel pensiero. Ciò che penso è già parola, e ciò che sento è già realtà.
Non c’è inizio, né fine.
Tutto è adesso.
Alla mia sinistra, il cielo si fa cupo, solcato da lampi che sembrano preludere a un temporale.
Scruto con uno sguardo acuto, diverso, capace di vedere lontano e vicino con la stessa nitidezza.
E poi la vedo: una soglia luminosa si avvicina.
Sento che mi chiama.
E, in quell’istante, riconosco me stesso.
E poi, come un soffio, ritorno.
Il viaggio è finito, ma il ricordo di ciò che ho vissuto non ha il sapore di un sogno.
È reale.
Vivo.
È la mia piccola e breve esperienza dell’aldilà.
Da allora, ho compreso che passato e futuro sono un unico presente, modellato da ciò che scegliamo di essere.
La vita continua.
La morte non esiste.
WSM
Venetia, 31 aprile 2019
Sergio